Ciao Neda…….

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A due settimane dall’inizio delle proteste

Quelli dell’onda verde

Chi sono i protagonisti della rivolta in Iran? 

19 / 6 / 2009

Dopo le due settimane di
campagna elettorale e l’ultima settimana di cortei e disordini, una delle
domande più ricorrenti, oltre a quella sulle prospettive politiche che possono
aprire gli avvenimenti pre e post-elettorali, riguarda la composizione delle migliaia
o forse milioni di persone che hanno deciso con il loro protagonismo di dare
un’impronta nuova al futuro di questo paese. In Iran i 2/3 della popolazione
hanno meno di 30 anni e questo è un dato demografico da cui non si può non
partire. Dire però che questa rivolta è genericamente una rivolta dei giovani è
senz’altro estremamente semplicistico. Non solo perché nelle lunghe notti di
agitazione sociale nei quartieri di Teheran si potevano incontrare molti
cinquantenni protagonisti della rivoluzione del ’79, ma anche perché
nell’universo giovanile iraniano ci sono molti elementi di complessità da
analizzare e interpretare. Caratteristiche culturali e di ceto sociale che
rendono la composizione di questo universo difficilmente categorizzabile.

Vediamo ora alcune
caratteristiche con cui si presentava la capitale dell’Iran alle porte delle
elezioni e di come alcuni tipici aspetti sociali della città siano stati
fortemente esposti a cambiamenti nelle ultime settimane. Una riflessione che
potrà forse tornarci utile per cercare di fare luce su alcune prospettive
possibili delle mobilitazioni.

Teheran è una metropoli
sconfinata, all’interno della quale esiste una divisione netta tra i quartieri
benestanti del nord e quelli più poveri del sud e questa frattura si ripercuote
su una difficoltà relazionale tra gli abitanti di queste due zone della città
alimentando diffidenza tra gli uni e gli altri. L’accusa spesso mossa ai
ragazzi del nord è di attaccare il regime soltanto per rafforzare i loro
privilegi, di emulare il modello culturale occidentale e di trascurare i
problemi più importanti del paese. Diamo ora uno sguardo alla partecipazione
politica dei giovani di Teheran. Se escludiamo quella parte di giovani che
entrano fin da piccoli a far parte delle varie strutture di sostegno e
propaganda politico-religiosa a favore del regime, la stragrande maggioranza
dei giovani iraniani, del nord così come del sud, hanno finora vissuto la
politica da un punto di vista esclusivamente “personale” e nei ristretti spazi
della sfera privata. Si trattava di micro-resistenze soggettive attraverso le
quali migliaia di giovani hanno progressivamente trasformato la società
iraniana imponendo lentamente nuovi diritti e nuove libertà comportamentali.
Trasgressioni alla ferrea morale “rivoluzionaria” talmente diffuse da indurre
le istituzioni alla tolleranza e infine alla produzione di una nuova legalità
meno restrittiva. Abbiamo insomma sempre assistito ad atteggiamenti
resistenziali che però, per quanto pregni di spirito politico, non avevano modo
di essere espressi in forma collettiva nello spazio pubblico. Il terzo aspetto
che vale la pena di prendere in considerazione riguarda il rapporto dei giovani
con la rivoluzione e in generale con le istituzioni principali della repubblica
islamica. Quasi tutti i giovani in qualche modo attivi negli ultimi anni sulla
strada della rivendicazione di nuovi diritti sono nati dopo la rivoluzione e
dunque si sentono lontani dallo spirito che segnava i primi anni della
repubblica, quelli della guerra con l’Iraq e dell’imporsi del regime islamico.
Nonostante questo colpisce il fatto che nelle varie forme resistenziali, anche
nelle rare volte in cui hanno avuto visibilità nello spazio pubblico, non
abbiamo mai assistito a una vera e propria messa in discussione delle
istituzioni principali del regime, soprattutto quella del velayate-faghih, che
come massima autorità dello stato (ricordiamo non elettiva) controlla
direttamente esercito e telecomunicazioni. Di questi tre aspetti i primi due
sono stati senz’altro investiti da visibili trasformazioni. La mobilitazione
dell’onda verde, chiassosa e festosa prima delle elezioni e sempre più
determinata e radicale nella fase post-elettorale, ha di certo riavvicinato i
giovani delle due zone di Teheran. Ormai da settimane ragazzi della high classe
con macchine sgargianti scambiano sguardi di complicità con ragazzi che vivono
ai margini della città arrivando a organizzare insieme cortei spontanei e
blocchi stradali. La decisione di uscire allo scoperto e manifestare la propria
voglia di partecipazione e una a volte generica voglia di cambiamento, ha
spezzato in più punti il confine che divideva questi due mondi prima così
lontani tra loro. In quanto alle caratteristiche della partecipazione politica,
ha colpito fin da subito la determinazione con la quale si sia messo in moto
una vera e propria conquista dello spazio pubblico. Scendere in strada ha
voluto dire per tutti sfondare il muro che per anni ha diviso lo spazio
pubblico e lo spazio privato. Cantare cori o costruire barricate nelle strade e
nelle piazze è stato da molti vissuto come fattore strategico, di per sé
estremamente liberatorio, attraverso cui resistenze, trasgressioni e piccole
illegalità sempre più diffuse sono uscite dallo scoperto diventando rivendicazione
politica mossa collettivamente. Per quanto riguarda il rapporto con le
principali istituzioni non si notano grandi segnali di discontinuità. La
rottura delle barriere di classe, lo straordinario protagonismo delle donne, la
conquista di visibilità nello spazio pubblico e la radicalità sia del contenuto
delle rivendicazioni sia dei metodi di lotta, non sono mai accompagnate da un
attacco frontale alla forma del regime e nemmeno da una sua messa in
discussione. Nei cori durante i cortei, nei volantini che girano in web e nelle
semplici discussioni di strada non c’è quasi mai la traccia di una volontà di
rompere i pilastri dell’attuale forma della repubblica islamica e questo sia
perché attualmente non esiste un’alternativa immaginabile, sia perché molti
credono realmente che l’attuale quadro generale possa comunque garantire
innovazioni sociali e politiche anche molto radicali.

A una settimana dalle
contestate elezioni molti ragazzi cominciano a rendersi conto che senza una
sponda forte a livello istituzionalmente alto, l’onda verde fatica a trovare
uno sbocco concreto in termini di conquiste, anche se d’altro lato sanno che
hanno già fatto qualcosa di grande con cui i dispositivi di potere non possono
non misurarsi. Questa sponda potrebbe essere ben rappresentata da Mousavi, ma
l’ex primo ministro sta rischiando un forte isolamento all’interno dei quadri
di potere. Di certo prende corpo ogni giorno di più la consapevolezza che le
prospettive future sono indefinibili, ma dopo quello che è successo indietro
non si torna e dunque gli spazi di agibilità aperti sono un solido punto di
partenza per nuove conquiste. Gli apparati di potere e soprattutto l’ala
ultra-conservatore del regime dal loro canto stanno preparando le prossime
mosse tenendo conto o meglio temendo quei milioni di uomini e donne che hanno
rotto gli indugi uscendo in strada e consci del fatto che la futura
sopravvivenza del regime dipenderà molto dalla piega che prenderanno gli
avvenimenti di queste settimane.

 

di Omid Firouzi
dottorando all’università di Urbino

 

Ciao Neda…..

NEDA SOLTANI
Una giovane ragazza iraniana, morta UCCISA, ieri , 20 Giugno a Tehran,da un proiettile sparato da un assassino in divisa…

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foto da repubblica.it

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