dalla Carovana in Palestina…

 

 

NIENTE DA VEDERE, NESSUNO DA
INCONTRARE

Non c’è niente da vedere, nessuno da
incontrare. Con queste parole, Israele sancisce il divieto assoluto
di entrare a gaza, dal check-point di herez, a una carovana
internazionale composta da piu di duecento persone. Con un fax, viene
confermato per l’ennesima volta l’apartheid in cui si trovano
stritolati migliaia di palestinesi. Il muro che, con tanta solerzia,
Israele  ha costruito per isolare e rinchiudere il popolo
palestinese deve essere inviolabile, perchè nessuno deve
vedere ciò che esso contiene – macerie, dolore, diritti negati
-, nessuno deve poter parlare con le persone che all’ombra di quel
muro ogni giorno vivono. Un muro eretto appositamente, per nascondere
al mondo intero i crimini commessi da una superpotenza mondiale.
Volevamo entrare a Gaza. Volevamo portare una speranza a quella terra
straziata, un abbraccio di solidarietà che ricordasse agli
occhi palestinesi che non sono soli. Volevamo essere lì con
loro, testimoniare nel nostro paese la barbarie occidentale in
Palestina, provare a infrangere l’isolamento, la prigionia in cui
sono costretti. Gaza è un enorme prigione a cielo aperto, un
carcere in cui è rinchiuso un popolo colpevole solamente di
esistere, ma soprattutto di non chinare la testa. Il coraggio del
popolo palestinese, il desiderio di vita nella propria terra è
senza paragone, e per questo Israele, con l’aiuto e la complicità
di tutti i governi occidentali, mette in campo forme di controllo
totalitario e di repressione violenta e generalizzata con pochi
precedenti nella storia. Da questo contesto inaccettabile prende
forma il Muro. Cemento che serve a imprimere nei palestinesi la
solitudine e l’isolamento dal resto del mondo, imponendo la
sensazione che la vita stessa finisca a quel muro, bloccando
informazioni, aiuti umanitari, circolazione di corpi, solidarietà.
Un altro pezzo di un massacro in atto da troppo tempo.
Con la
carovana di Sport sotto l’assedio, stiamo portando per i campi
profughi palestinesi una speranza che ha la forma di un pallone.
Siamo una squadra di calcio, maschile e femminile, che, attraverso lo
sport, prova a portare un messaggio solidale di fratellanza.
Giochiamo con squadre palestinesi, con ragazzi e ragazze, perchè
il pallone parla la stessa lingua ovunque, antirazzista e contro ogni
intolleranza, ogni guerra.
Oltre duecento persone dall’Italia
sono arrivate con le loro esperienze e le loro abilità,
portando qui laboratori di musica, di teatro, di fotografia e di
informatica, condividendo con le genti di questa terra le
informazioni e le esperienze, perchè il muro dell’ apartheid
si rompe quotidianamente, ovunque.
Volevamo infrangere il simbolo
della cortina di silenzio e morte, e ci è stato impedito.
Israele, come sempre, non vuole che i suoi progetti subiscano
rallentamenti. Denunciamo questa barbarie, denunciamo ai media
internazionali, alla società civile, a chi nel cuore porta
quei bambini che prendevano a sassate soldati, l’ennesima violazione
di qualunque diritto, l’ennesimo atto di guerra di una paventata
democrazia che vorrebbe nascondere il sangue, le torture e il
massacro di un popolo. Non permetteremo che questo avvenga.

stronger
than a wall — without your freedom, we’ll never be free.

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Carovana Sport sotto l’assedio 2009

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